Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda


Il MURATS  Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda nasce nel 2001. Oltre a preservare e custodire i manufatti che sono i testimoni della storia del tessile dell’intera regione, propone, attraverso una serie di mostre ed eventi collaterali alcuni spaccati dell’epoca attuale per interrogarsi sulle nuove tendenze contemporanee, offrendo gli strumenti per instaurare una relazione tra cultura e territorio che possa creare principi di confronto attraverso workshop, conferenze, seminari, dibattiti, laboratori, ricerche e studi.

Il museo dell’arte tessile

il museo si trova alla periferia di Samugheo, ospitato in un edificio a due piani costruito appositamente nel 2001. La maggior parte della struttura è occupata dalle tre sale espositive, due al piano terra e una al primo piano per un totale di 750 mq circa di spazio espositivo. Oltre agli ambienti di servizio, la struttura comprende anche una sala convegni attrezzata con 137 posti a sedere.

Le attività e il patrimonio

L’attività del MURATS si divide tra la realizzazione di mostre temporanee, con progetti dedicati all’arte e all’artigianato sardo contemporanei cercando connessioni tra questi due mondi apparentemente distanti e l’esposizione permanente della sua Collezione. Quest’ultima è composta da un sostanzioso corpus di manufatti provenienti da diverse parti dell’Isola: si tratta di coperte, lenzuola, biancheria per l’infanzia, biancheria per uso quotidiano, bisacce e teli per la campagna, abbigliamento per il pastore, costumi tradizionali per le feste, databili dal principio del XVIII secolo fino ai primi del ‘900 e realizzati in lana, cotone e lino. Dal 2017, il museo si è arricchito di un’altra collezione di manufatti di pregio realizzati in onore del Principe Karim Aga Khan, grande amante della Sardegna, del tappeto e dell’artigianato in generale. L’idea nacque in seguito ad una visita a sorpresa al museo fatta nel 2015 dall’Imam dei musulmani Ismailiti Nizariti che, in quell’occasione, donò una cospicua somma da destinare a diversi progetti per la valorizzazione del Museo e della tessitura sarda: un tappeto corale multimediale interattivo, l’edizione del catalogo dei manufatti conservati presso il MURATS e un premio per gli artigiani locali. Nacque così l’idea di creare una collezione dedicata all’Aga Khan. La collezione, chiamata “Collezione del Principe” è composta da 8 tappeti e 8 coperte di grandi dimensioni ai quali si aggiunge una bisaccia, tutti interamente realizzati a mano con telaio tradizionale dalle artigiane più esperte di Samugheo.

La sezione etnografica

Costume tradizionale femminile di SamugheoAbito tradizionale maschile di SamugheoIl museo comprende anche una sezione etnografica dove sono esposti gli strumenti della tessitura, tra i quali telai tradizionali in legno e capi samughesi di abbigliamento giornaliero e festivo. In particolare l’abito femminile si compone di camicia bianca lunga e ricamata sul davanti, corpetto smanicato con bordatura rossa e motivi floreali sul retro, gonna in orbace e grembiule, sempre in orbace, finemente ricamato. La caratteristica più rimarchevole dell’abito femminile è però il copricapo, composto da 4 fazzoletti (ma diverse immagini storiche e informazioni ci descrivono un copricapo composto da ben 12 fazzoletti) che vengono intrecciati tra loro e in alcuni casi avvolti sotto il mento. L’abito maschile è costituito da camicia ricamata e calzoni bianchi in lino, gonnellino nero in orbace e ghette in panno con applicazione di nastri blu. Completa l’abito su cosso (gilet), unico in Sardegna per l’ampia iconografia floreale; sul capo il classico berretto sardo, sa berritta, realizzato in orbace o in pannetto.

Immagini di Ludovico Mura

La didattica

Oltre all’esposizione tessile, in un’apposita area didattica è possibile ripercorrere le fasi della tessitura tradizionale: dalla scelta delle materie prime ai processi di preparazione delle fibre per la loro lavorazione, fino ad arrivare agli strumenti antichi.


I manufatti più importanti custoditi presso il MURATS:

Tapinu e mortu

Tapinu e mortu – Immagini di Ludovico Mura

Innumerevoli manufatti sono degni di rilievo all’interno della collezione permanente del MURATS; tra questi una menzione speciale meritano i 5 tapinus ‘e mortu, manufatti molto rari (ne sono noti una decina) di area barbaricina provenienti da Orgosolo. Gli esemplari di proprietà del museo sono databili tra la fine del 1700 e gli inizi del 1800, ed erano utilizzati per deporvi la salma durante la veglia funebre. I tapinus erano custoditi gelosamente e tramandati di madre in figlia. La loro presenza nella veglia funebre era insostituibile, necessaria al pari del lutto e di s’attitidu, il canto funebre. Si riteneva che senza questi elementi il defunto non godesse degli onori dovuti nell’intraprendere il suo ultimo viaggio. La peculiarità del tapinu è rappresentata dalla sua complessa simbologia, connessa alla religione dei Sardi del Neolitico, che rappresentavano la Dea Madre nei luoghi di sepoltura.

Altrettanto notevole è sa fressada, un manufatto simile a su tapinu ‘e mortu, ma realizzato al telaio verticale, ragion per cui può raggiungere dimensioni molto maggiori – anche 4 metri per 2. Per il resto uguali i materiali, i colori e i simboli con l’eccezione del campo a zig-zag che nella fressada non compare. Sa fressada veniva regalata come dono di nozze dalla nonna materna alla sposa. L’omaggio fatto alla sposa, specialmente se di famiglia povera, aveva un duplice utilizzo: per le necessità della vita e, all’occorrenza, per onorare i morti.  Fonti storiche confermano l’utilizzo in ambito funerario di questo manufatto, tra cui diversi Sinodi che ne vietavano l’uso in particolari circostanze. Infatti al perdurare della siccità si usava immergere le ossa dei defunti con le loro coperte nei fiumi per richiamare la pioggia, hecar à los rios los huessos de los defuntos ò la manta para lover, tanto che il Sinodo di Ales-Terralba nel 1696, quello di Oristano nel 1708 e quello di Cagliari nel 1715 dovettero vietare la pratica che veniva contrastata dalla Chiesa non certo per l’uso improprio dei manufatti, quanto piuttosto per il sapore paganeggiante che l’usanza portava con sé. La medesima simbologia dei tapinus ‘e mortu e delle fressadas si riscontra in diversi manufatti pervenuti al museo dall’area dell’Oristanese e, più precisamente, sa manta e sa fanuga, capi realizzati al telaio orizzontale con tecnica a rilievo denominata a pibiones, usando lino e cotone. Si tratta principalmente di coperte e giroletto.

Tra le altre rarità comprese nella collezione del MURATS figurano sas affaciadas, piccolissime strisce di tessuto finemente lavorato in celeste che si esponevano nei balconi durante la processione del Corpus Domini.

Le collezioni del Murats

“La Collezione del Principe”

Dal 2017, il M.U.R.A.T.S. può vantare un’altra collezione di manufatti di pregio, quelli dedicati al Principe Karim Aga Khan. L’idea nasce in seguito ad una visita a Samugheo fatta due anni prima da Sua Altezza che, in quell’occasione, donò una cospicua somma da destinare a diversi progetti: un  tappeto corale, un catalogo dei tessuti conservati presso il M.U.R.A.T.S., e un premio per gli artigiani locali.

Nacque così l’idea di creare una collezione dedicata all’Aga Khan. La collezione è composta da 8 tappeti, 8 coperte e una bisaccia interamente fatti a mano con telaio tradizionale.

Tappeto Murats Collezione del principe

“Collezione Cocco”

Fra le collezioni di rilevante interesse etnografico riguardanti la Sardegna, si colloca il patrimonio dell’ISOLA, proveniente dalla raccolta del Commendator Cocco e acquisita dall’Istituto Regionale nel 1960.

La raccolta effettuata dal Commendator Cocco si compone di un numero cospicuo di oggetti pregiati, di cui fa parte -unitamente a pezzi dell’abbigliamento tradizionale e gioielli- una serie di tessuti risalenti all’Ottocento, tutti di ottima fattura e alcuni di livello eccezionale per la accuratezza esecutiva, l’uso dei materiali e la scelta degli elementi decorativi.

Alcuni tessuti recano la data, il luogo di esecuzione e il nome della tessitrice, elementi preziosi che indicano la provenienza e la collocazione cronologica del manufatto.

La serie di copricassa d’area campidanese è costituita da pezzi di particolare pregio, esemplificativi di quell’ornamentazione unica nella casa tradizionale in cui, anche quando la povertà era estranea, regnavano la sobrietà e l’essenzialità mentre la cura e la decorazione erano intrinseche agli oggetti d’uso.

Le bisacce, oggetto indispensabile per contenere e trasportare oggetti e derrate, usate dal pastore e dal contadino, sono qui rappresentate in esemplari di tipo festivo.

Un genere di particolare interesse è costituito dalle affacciadas, categoria di manufatti per i quali si ipotizza un uso come “calate” dei balconi in occasione del passaggio delle processioni religiose.

Gli inghirialettos, bordure che ornavano la parte terminale del letto a pabàglione (padiglione), erano diffuse nelle diverse aree della Sardegna.

Gli scialli ricamati venivano usati come copricapo in alcune aree della Sardegna centrale.

Il ricamo, appreso dalle donne presso i monasteri e riservato inizialmente al corredo domestico, si inserisce nell’abbigliamento tradizionale in forme assai modeste a partire dagli inizi dell’Ottocento.

Immagini di Ludovico Mura